L’isola del Giglio era abituata alle incursioni dei pirati. Per secoli, corsari e filibustieri si erano abbattuti sulle sue coste con ferocia inenarrabile. Eppure, quel fatidico 18 novembre del 1799, la situazione era disperata. E richiedeva un atto eroico. Un atto eroico che è diventato leggenda.
Era il 18 novembre del 1799, come si è detto. Gli assalitori tunisini erano giunti alla baia di Giglio Campese in schiacciante superiorità numerica. La loro flotta era composta da due fregate e cinque sciabecchi. Le navi battevano tutte bandiera con la mezzaluna. L’isola fu invasa da una fiumana di pirati.
I gigliesi erano “pochi di numero e quasi inermi”. Eppure non si persero d’animo. I gigliesi spararono per oltre sette ore dai torrioni di Giglio Castello. Nonostante fossero soverchiati. Nonostante la logica e la matematica li dessero praticamente per spacciati. I gigliesi non si arresero nemmeno quando dalla torre di Campese i soldati si diedero alla fuga e smisero di sparare.
Eppure i gigliesi ce la fecero. Si appellarono a tutto il loro coraggio e respinsero l’invasore. Si appellarono alla loro fede in San Mamiliano, protettore dell’isola. Qui comincia la leggenda. Secondo la quale San Mamiliano fece apparire sulle mura di Castello una moltitudine di soldati che spaventò i tunisini mettendoli in fuga.
Da allora, per commemorare la disperata vittoria, ogni anno all’isola del Giglio si festeggia “San Mamiliano dei Turchi”.
Fonte immagine: Flickr.com/photos/greenery
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